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Incredibile
come certe sensazioni rimangano celate nell’inconscio e vengano
fuori quando meno te l’aspetti, un po’ come le maddalenine
di Proust, e tutta quella storia delle intermittenze del cuore.
Alla prima curva in direzione della piazza, ecco la prima maddalenina.
Quelle case erano rimaste in un anfratto recondito della memoria per oltre
vent’anni. Insospettatamente giù. E poi il castello, antico,
bello, ancora pieno dei fantasmi dei bambini, e la casa dove c’era
il gatto Birillo, e sembrava di vederlo, ancora lì, su quella terrazza
con la ringhiera antica un po’ arrugginita e la sedia impagliata
che pareva quella del quadro di Van Gogh. Sotto, la signora col maccatur’
‘n capa parla, don Ettore come sta e donna Ida, se n’è
andata che brava donna…e i figli, i figli che fanno, u’ prufssor,
e chella che sta a Rom’…Le brillano gli occhi, tra le
rughe antiche che le danno un non so che di familiare…Sembra di
essere in un quadro di Scarano…Vibrantemente malinconico. È
strano parlare con lei, ascoltare le sue parole antiche di mille anni,
quella saggezza che viene da lontano chissà dove e che a volte
ritrovi negli occhi degli animali dei paesi, profondi silenziosi rassegnati,
talvolta tristi, ma che sanno ogni cosa. I cani dei paesi sono così,
saggi. Come gli anziani. E ti guardano come se indovinassero i tuoi segreti
più nascosti. E avessero una sorta di sottile pietosa comprensione
per le tue piccole meschinità di ogni giorno. Nelle orecchie, il
silenzio ovattato della memoria e il rumore dei ricordi letterari che
si confondono con quelli – forse sognati - dell’infanzia.
Penso a Proust. E alle intermittenze che per fortuna non smettono di accompagnarmi.
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